Il Tirso ed i primi invasi
1. Il bacino imbrifero
Il Tirso, maggior fiume della Sardegna, nasce dai monti del Goceano a quota 880. Si sviluppa in prevalente direzione NE-SW per sfociare infine nel golfo di Oristano. L'area totale del suo bacino imbrifero assomma a 3295.5 Km2, delimitato ad Occidente dalla catena del Goceano con la vetta di Monte Rasu (quota 1259) e dalla catena del Marghine con la vetta di Punta Palai (quota 1200), ad Oriente dalla Serra di Orotelli con la vetta di Punta Gomoretta (quota 858), dai monti della Barbagia di Ollolai con la vetta di Monte Pisanu (quota 1117) e dal massiccio del Gennargentu con la vetta di Punta La Marmora (quota 1834). Affluenti principali lungo il corso sono il Taloro con area di bacino di 497,23 Km2 a fronte di quella di 1431,90 Km2 del corso principale alla confluenza, e il Flumineddu con area di bacino di 839,90 Km2 a fronte di quella di 2120,59 Km2 del corso principale alla confluenza.
L'asta principale del Tirso, dopo l'origine nell'altipiano granitico di Buddusò, percorre per un lungo tratto un’imponente formazione granitica ercinica. Attraversando poi una serie di terreni lavici (trachiti, ignimbriti, basalti), riceve in sinistra il Taloro, alimentato dalle aree granitiche della Barbagia, poi il Flumineddu il cui bacino ricade su estese formazioni di scisti silurici, calcari giurassici (Sarcidano) e terreni miocenici (Marmilla). In base a quanto qui rammentato, l'intero bacino è da definire prevalentemente impermeabile.
2. Le prime utilizzazioni delle acque
Negli anni tra il 1918 ed il 1924 veniva costruita sul medio corso del fiume Tirso la diga Santa Chiara d'UIa per la costituzione di un lago artificiale. La capacità dell'invaso, al momento eccezionale e per molti anni la maggiore d'Europa., era di 403 Mm3, dei quali utili agli effetti idroelettrici ed irrigui 374Mm3.
Nel 1930 fu costruita nel basso corso del Tirso la traversa Santa Vittoria per la derivazione ai fini irrigui delle fluenze estive regolate e dalla quale avrebbero avuto origine le reti di distribuzione del territorio oristanese.
Dopo un primo periodo di sviluppo lento hanno fatto seguito, nel postbellico, elevate richieste di acqua che condussero nel 1955 ad un accordo di ripartizione delle portate fra i vari comprensori.
Tale accordo era basato su una disponibilità annua alla traversa di 240 Mm3 consentita dalla regolazione stagionale e pluriennale operata dal lago Omodeo (lago di Santa Chiara d'UIa).
Conseguentemente, hanno avuto sviluppo i successivi programmi e le opere di distribuzione.
In anni recenti maturavano richieste di estensione della utilizzazione irrigua in territori della media ed alta valle nonché fabbisogni d'acqua per usi industriali e civili.
3. Le successive utilizzazioni
Veniva riservato alla irrigazione dei territori della media valle il volume di 45 Mm3 delle fluenze regolate dai serbatoi realizzati per scopo idroelettrico lungo il corso dell'affluente Taloro (serbatoio Gusana o San Pietro di 58,25 Mm3 e serbatoio Benzone o Badu Ozzanu di 2,2 Mm3 di capacità).
La pressione delle richieste e le proposte diverse di nuovi serbatoi, indussero le autorità regionali a conferire incarichi di studio di un Piano Generale per la regolazione ed utilizzazione integrale delle acque del Tirso.
Ne derivarono proposte diverse: una prevedeva la realizzazione di nuovi serbatoi, particolarmente sul Flumineddu, un'altra il rialzamento della diga di Santa Chiara, ed un’ultima infine la costruzione di una nuova diga a valle della confluenza Tirso-Flumineddu, in località Nuraghe Pranu Antoni.
Una nuova circostanza emergeva peraltro nel giugno del 1968 prima che gli studi e le proposte del piano avessero assunto fisionomia definitiva. In alcuni contrafforti della diga Santa Chiara venivano rilevate delle lesioni che indussero le superiori autorità ad ordinare lo svaso del serbatoio e prescrivere la costruzione di uno scarico di fondo di cui questa era priva.
Dopo alcuni studi sul grado di sicurezza dei contrafforti lesionati, veniva concesso il reinvaso e l'esercizio del serbatoio seppure limitati alla quota 93, col consenso d sopralzi temporanei fino alla quota 98 in occasione di piene eccezionali.
Tali limitazioni venivano confermate nel luglio 1970 e la capacità utile del serbatoio discendeva a 162 Mm3 a fronte di fabbisogni irrigui normali annui di 185 Mm3, ripartiti su circa 16.000 ettari di territorio e a fronte di un totale di 27.000 ettari già dotati di impianti irrigui.
Gli studi del piano dovevano quindi essere ripresi.
La proposta dello sbarramento in località Nuraghe Pranu Antoni, per circa 1.000 Mm3 di capacità, per regolare insieme il Tirso e l'affluente Flumineddu, non poté aver seguito per il parere nettamente sfavorevole con il quale si conclusero le relative indagini geologiche.
Estese le ricerche lungo il corso, situazione assai migliore per lo sbarramento fu individuata nel tratto della valle a monte della confluenza del Flumineddu ed in particolare poco a valle della ricordata diga Busachi, in località denominata "La Cantoniera" circa 4,40 Km a valle della diga Santa Chiara e 0,75 Km circa a valle della diga Busachi, ove il fiume percorre un tratto inciso in una formazione di graniti e migmatiti.
Approfondite le indagini geologiche fu possibile quindi proporre uno sbarramento, che avrebbe potuto costituire un serbatoio con quota 118 di massimo invaso, 788 Mm3 circa di capacità totale e quindi prossimamente doppia di quella del Lago Omodeo. Insieme veniva proposta una minore struttura a valle, in località Nuraghe Pranu Antoni, che avrebbe realizzato un serbatoio di circa 9 Mm3, con rigurgito fino al piede della diga "La Cantoniera".
In prima fase veniva deciso di realizzare la traversa Nuraghe Pranu Antoni che avrebbe aumentato di 9 Mm3, pari al volume massimo del suo serbatoio, la quantità di acqua invasabile.
Il progetto della nuova diga cantoniera
1. Il serbatoio
Finalità:
- Utilizzazione delle acque del Tirso per l'irrigazione; uso idroelettrico; parziale uso idropotabile ed industriale; sfruttamento idrolettrico e laminazione delle piene.
Sito:
- Sul fiume Tirso in località "Cantoniera", a monte della confluenza del Tirso con il rio Flumineddu, in territorio del Comune di Busachi (Km 5 dal Paese) a circa Km 4,5 in linea d'aria dalla diga Santa Chiara.
Caratteristiche generali:
- Bacino imbrifero sotteso: Kmq 2.056;
- Superficie massima dello specchio liquido: Kmq 29,37;
- Livello massimo assoluto (piena bimillenaria): 118.00 m.s.m.;
- Livello massimo di regolazione: 116,50 m.s.m.;
- Livello minimo dell'alveo naturale: 30 m.s.m.;
- Capacità totale a quota 118 : 792 Mmc;
- Capacità di massima regolazione a quota116.5: Mmc 748;
- Capacità di laminazione delle piene (tra la quota 118 e 116,50) : Mmc 44,64;
- Capacità utile di normale regolazione (tra la quota 116.50 e 55,45): Mmc 745,00;
- Capacità morta (sotto quota 55.45): Mmc 3,20.
2. La Geologia
Nel sito diga le sponde del fiume Tirso sono costituite da rocce appartenenti al basamento paleozoico; fa eccezione la parte superiore della sponda destra, al di sopra del livello di massimo invaso, dove tali rocce sono coperte da vulcaniti andesitiche terziarie e da un tavolato basaltico sub orizzontale pliopleistocenico. L'ammasso di fondazione della diga è formato da rocce metamorfiche a scistosità più o meno pronunciata (gneiss e molto subordinati scisti micacei), iniettate abbondantemente da materiale granitico e in minor misura da dicchi porfirici e quarzosi. I diversi litotipi formano corpi irregolari intrecciati (singolarmente con dimensioni dell'ordine dal metro a qualche decina di metri). La scistosità, che costituisce l'elemento strutturante prevalente, è mediamente orientata con immersione verso monte e inclinazione molto accentuata, da 45° a subverticale.
Numerose discontinuità maggiori, subverticali, ad andamento serpeggiante, caratterizzate da strette bande di materiale di frizione sabbioso-limo-argilloso, intersecano l'ammasso, sovrapponendosi ad un fitto reticolo di giunti secondari, generalmente serrati e discontinui.
Tutti i litotipi sono in varia misura degradati per alterazione chimico-mineralogica, in parte dovuta a "weathering", in parte di origine idrotermale. Il grado di alterazione è più accentuato lungo le discontinuità maggiori e non diminuisce in misura sostanziale con la profondità.
3. La Diga
- Tipo: a gravità in calcestruzzo con vani interni.
Dati geometrici principali:
- Quota del coronamento 120 m.s.m.
- Quota del livello di massimo invaso assoluto 118 m.s.m.
- Quota minima di fondazione 20 m.s.m.
- Altezza totale della struttura 100 m.
- Franco 2 m.
- Lunghezza in coronamento 582 m.
- Larghezza di coronamento strutturale 4 m. (6.60 m. con gli aggetti)
- N° 38 conci di m. 15 di lunghezza di cui 6 sfioranti
- Volume calcestruzzo utilizzato 1.100.000 mc.
4. La Struttura
La diga è del tipo a gravità in calcestruzzo con asse mistilineo, costituito da due tratti rettilinei e da un tratto intermedio ad arco di cerchio ubicato nella zona a quota media del pendio di destra.
Sono stati interposti dei vani fra concio e concio, estesi sulla maggior parte dell'altezza, cosicché anche le facce laterali di ogni concio risultano utili per lo smaltimento del calore di idratazione; vani peraltro chiusi a monte e a valle da espansioni, per cui le facce stesse risultano sottratte, in periodo di esercizio, alle variazioni termiche esterne. La base dei vani, in quanto costituiscono sbocco ad un afflusso laterale dell'acqua di infiltrazioni, avranno effetto riduttivo della sottopressione; infine offrono la più ampia facoltà all’installazione di strumenti di controllo delle deformazioni sia in fase di costruzione, sia in qualunque successivo momento dell'esercizio.
La roccia di fondazione, fino a profondità massime di 18-24 metri, è stata consolidata con bulloni passivi, mediante l'impiego di acciaio in grosse barre tipo Fe B 44 con diametro di 30 mm. tipo GEWI, con tensione caratteristica di snervamento minima di 5000 Kg/cmq, e diametro 44 mm. In genere sono state sistemate due barre, annegate con malta ad alta resistenza in fori da 200 mm, i bulloni hanno una inclinazione di 25° o 10° verso monte. Sono stati messi in opera 10.500 bulloni, per una lunghezza complessiva di 124.000 metri, su una superficie di fondazione di 28.400 mq. La base dei conci centrali è robustamente armata per una altezza di 6 metri al di sopra del piano di contatto con la fondazione, e su altezze variabili da 4 a 3 metri in tutti gli altri conci.
Llo schermo di tenuta di monte è stato realizzato con cinque file, di cui due esterne con iniezioni cementizie precedute da un lavaggio dei fori con acqua ed aria ad alta pressione (fino a 250 BAR) e con 3 file interne, di cui una trattata con iniezioni chimiche a base di resine silico-acriliche e due di normali iniezioni cementizie.
La diga è stata realizzata con due tipi di miscele di calcestruzzo, il primo costituito da 200 Kg di cemento pozzolanico a basso calore (R225) e 60 Kg di ceneri volanti, ed il secondo con 220 Kg di cemento dello stesso tipo e 40 Kg di ceneri; gli inerti sono di origine basaltica con inerte max. 100 mm. e sono stati suddivisi in 5 classi granulometriche.
I giunti fra i conci della diga sono protetti lato monte da un nastro di gomma posto all'interno del getto e da un coprigiunto esterno a trave. Quest'ultimo è formato da una scanalatura con sezione orizzontale di forma poligonale, lasciata nel getto a cavallo del giunto e riempita successivamente con calcestruzzo armato previa interposizione di guaina in geocomposito e resine.
Le apparecchiature di misura e controllo, costituite da rockmeters, pendoli diritti e rovesci, piezometri,misuratori di giunto e di livello, termometri ed altre, sono collegate mediante periferiche di raccolta dati ad un centro operativo in grado di rilevare ed archiviare i dati in fase di collaudo ed esercizio.
5. Le opere di scarico e derivazione
Gli organi di scarico del serbatoio sono costituiti da uno sfioratore superficiale e da due scarichi di fondo.
Lo sfioratore superficiale è ottenuto con la tracimazione dei sei conci centrali della struttura, sezionati da paratoie a ventola della larghezza di 12 metri ed altezza di 5.50 metri, con soglia a quota 111 m.s.m.; alla quota massima assoluta (118 m.s.m.) lo scarico di superficie, con le paratoie completamente abbattute, scarica una portata di 2800 mc/sec.
Gli scarichi di fondo sono incorporati nei due conci laterali rispetto ai conci centrali tracimabili e sono costituiti da due condotti in acciaio di sezione circolare Æ 4,20 mt. con imbocco (6.00 x 6.00 m.) e di sbocco ( 3.25 x 4.00 m.). Nella sezione di imbocco è installata una paratoia piana a rulli, mentre lo sbocco è intercettato da una paratoia a settore.
Le portate evacuate dagli scarichi di fondo sono scaricate in due vasche contigue alla grande vasca di smorzamento, ed in essa immerse lateralmente. Con il serbatoio invasato fino a quota 118.00 m.s.m. i due condotti di fondo possono scaricare ciascuno una portata di 365 mc/sec.
Lo scarico di esaurimento è costituito da una tubazione in acciaio di Æ = 800 mm dotata di griglia all'imbocco e di due saracinesche a valle. L'opera di derivazione per l’uso irriguo è costituita da una tubazione in acciaio di 3100 mm. di diametro che deriva in sponda destra a quota asse 57 m.s.m. e si prolunga a valle oltre la vasca di dissipazione; la condotta è dotata all'imbocco di una paratoia d'intercettazione sulla luce di 3,75 x 3,75 m. manovrabile dal coronamento diga ed a valle da una valvola a farfalla motorizzata e da una valvola a getto cavo per dissipare lo scarico in alveo.
La derivazione per la centrale idroelettrica è costituita da una condotta metallica che imbocca in sponda sinistra a quota 67.25 con bocca rettangolare di 4 x 5 m munita di griglia; si restringe poi a 2 x2 m in una tratta nella quale sono collocate due paratoie piane di intercettazione a manovra oleodinamica, e successivamente assume sezione circolare di 2,5 m di diametro sino allo sbocco.
La derivazione per uso idropotabile è costituita da una condotta del diametro 1200 mm, anch'essa incorporata nello sbarramento in sponda destra. La derivazione idropotabile servirà l'intero schema 31 previsto dal Piano Regolatore Generale Acquedotti. Tale schema prevede una derivazione d’acqua grezza per l'impianto di potabilizzazione di Sili ed una derivazione per un impianto di potabilizzazione da costruirsi appena a valle della diga Cantoniera. Recentemente la condotta da Cantoniera a Silì del diametro di 800 mm è stata realizzata mentre non si è proceduto all’esecuzione dell’impianto di potabilizzazione a valle diella diga.
I primi anni del nuovo invaso
Nel settembre dell’anno 2000 si è proceduto alla disattivazione, tramite la creazione di due ampi varchi nella stessa, della vecchia diga di S.Chiara d’Ula. Nel successivo mese di novembre sono iniziati, a meno di modeste prove compatibili con la presenza dello sbarramento esistente a monte, della nuova diga Eleonora. Negli anni a partire dal 2000 gli invasi sono progressivamente cresciuti di pari passo con le autorizzazioni del RID che li consentivano.
Attualmente la massima quota autorizzata è di 105 m s.l.m., corrispondenti ad un invaso di 455 Mmc pari al 61% del volume massimo di regolazione. Detta quota è stata raggiunta nell’aprile del 2005. L’invaso sinora raggiunto è assai maggiore di quello ottenibile con la vecchia diga di S.Chiara (soprattutto nella situazione di limitazione degli ultimi anni di esercizio della stessa) e può consentire un compenso perlomeno triennale degli attuali consumi anche in caso di mancate precipitazioni nonchè una disponibilità annua non discosta dalla media degli apporti pervenuti (valore massimo di risorsa media garantita anche in caso di capacità infinita).
Negli anni 70/80 si ipotizzò, a seguito della realizzazione della nuova diga, un estendimento dell’irrigazione e tutte le aree suscettive di attrezzatura irrigua dell’Oristanese estese per oltre 70.000 ha. Ora detti programmi di nuova infrastrutturazione irrigua, per scelte comunitarie, nazionali e regionali, sono stati accantonati. Le ingenti risorse derivanti dalla diga Cantoniera, seppure da valutarsi più pessimisticamente per la riduzione della piovosità riscontratasi negli ultimi decenni, possono comunque consentire:
- il maggiore sfruttamento irriguo delle zone già attrezzate dell’Oristanese, estese territorialmente per circa 36.400 ha, completando l’azione di massima trasformazione irrigua dell’agricoltura che vede l’Oristanese come la zona a più alto utilizzo degli impianti fra i vari comprensori della Sardegna;
- l’eventuale trasferimento di risorse residuali al Campidano di Cagliari attraverso opere di vettoriamento realizzate e da realizzarsi;
- un maggiore utilizzo per scopi idropotabili ed industriali.